Il telescopio James Webb Space Telescope permette di vedere gli infrarossi.
La Parola agli scienziati
Lo scorso 25 dicembre è stato finalmente lanciato il risultato di 25 anni di ricerca, il James Webb Space Telescope (JWST). Questo nuovo telescopio spaziale, erede spirituale del telescopio Hubble, ha alcune particolarità: non solo è il più grande mai lanciato, ma è anche progettato per osservare gli infrarossi. Gli infrarossi sono luce con una lunghezza d’onda maggiore, in parole semplici possiamo dire che sia luce meno potente che i nostri occhi non sono in grado di vedere. I telescopi ad infrarossi, però, non sono una novità e nel corso degli anni ne sono stati costruiti molti, come il telescopio VISTA, situato in Cile, la sonda spaziale Juno, il cui rilevatore a infrarossi è stato costruito dall’Istituto Nazionale di Astrofisica italiano, o il più recente telescopio spaziale Spitzer. La vera specialità del JWST è la precisione, perché gli infrarossi non sono facili da osservare: l’atmosfera terrestre negli infrarossi risulta opaca e il telescopio stesso può emettere infrarossi e peggiorare le osservazioni. Per questi motivi il JWST è un telescopio spaziale, al di fuori dell’atmosfera, e la sua temperatura viene mantenuta sotto i -223°C grazie ad un sistema di raffreddamento ad elio e a scudi termici all’avanguardia per proteggere il telescopio dal calore solare.
Ma, se è così complicato, perché osservare gli infrarossi?
Le osservazioni in infrarossi
Partiamo dal principio: l’unico modo che abbiamo per osservare un corpo celeste è tramite la luce. Se questa luce, prima di arrivare ai telescopi, si scontra con qualcosa allora viene riflessa e rifratta, impedendoci di vedere il corpo in questione. Gli infrarossi però, per la loro lunghezza d’onda, tendono ad attraversare più cose rispetto alla luce visibile e ci permettono quindi di vedere corpi celesti coperti da nubi di polvere, come pianeti o sistemi ancora in formazione.
Ma non solo.
La luce viaggia ad una certa velocità, di conseguenza l’immagine che vediamo di un corpo lontano non è attuale ma ci arriva con un certo ritardo e ci permette quindi di guardare nel passato: se vi affacciate dalla finestra e guardate la Luna la vedrete un secondo nel passato, se guardate il Sole lo vedrete 8 minuti nel passato e se puntate il JWST verso un punto lontano, ai margini dell’universo osservabile, forse potrete vedere 13 miliardi di anni nel passato, alla nascita dell’universo stesso. E in tutto questo, perché gli infrarossi? Perché esiste un fenomeno detto redshift, scoperto solo il secolo scorso, che è oramai fondamentale per le osservazioni spaziali.
Il Redshift
Il redshift è un fenomeno molto comune che consiste nell’allungamento della lunghezza d’onda della luce e che può avere varie cause, una delle quali è legata a come funziona l’intero universo. Nello scorso secolo, infatti, abbiamo scoperto che l’universo è in espansione, e non bisogna immaginarlo come se i margini dell’universo si allontanassero da noi. In realtà in ogni punto si crea altro spazio, ogni distanza si allunga e le galassie si allontanano inesorabilmente le une dalle altre. Se consideriamo che la luce è un'onda, possiamo immaginare che anche la sua lunghezza d’onda, col tempo, si allungherà. Così ad esempio una luce arancione, con i suoi 600 nm di lunghezza, potrebbe diventare infrarosso, con oltre 740 nm. Per questo motivo la luce di corpi estremamente lontani tende a diventare prima rossa e poi infrarossa, quindi invisibile ai classici telescopi.
Il JWST ha anche molte altre applicazioni, fin troppe per poterne parlare in questo articolo, ma in ogni caso ci permetterà di osservare gli infrarossi con una precisione che non abbiamo mai avuto e magari di fare qualche passo avanti verso la comprensione dell’universo stesso.
Michele Mossotto
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