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Crisi democratica del Venezuela: ieri e oggi

Il Venezuela, paese dell’America Latina con circa 28 milioni di abitanti, sta vivendo dal 2013 una vera e propria crisi. Le radici di questa instabilità possono essere trovate nel passato autoritario del paese, e le dinamiche della crisi attuale ci dicono molto sulla crisi della democrazia mondiale.


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Dittature in America Latina

Nel corso del XX secolo, l’America Latina ha attraversato numerosi periodi di instabilità politica e sociale che hanno favorito l’ascesa di dittature, soprattutto militari. Con il pretesto di combattere il comunismo, gli Stati Uniti appoggiarono diversi governi militari per mantenere la propria influenza nella regione. In gran parte del continente si instaurarono così regimi dittatoriali che reprimevano duramente le proteste sociali.


Le dittature latinoamericane presentano elementi comuni, come l’influenza degli Stati Uniti e la centralità degli eserciti nella vita politica, che amministravano gli stati seguendo strutture militari. Una costante di questi regimi è anche la soppressione delle libertà civili, come lo scioglimento dei partiti di opposizione, la censura della stampa e la repressione dei dissidenti. Per quest’ultimo fine divennero pratiche sistematiche la tortura, le sparizioni forzate e le esecuzioni, definendo una violazione sistematica dei diritti umani.

Nonostante le dittature militari del Cile e dell’Argentina siano le più note, anche il Venezuela ha vissuto diverse fasi autoritarie che hanno profondamente segnato la sua storia moderna. I due regimi più significativi furono quelli di Juan Vicente Gómez (1908–1935) e Marcos Pérez Jiménez (1952–1958).



Juan Vicente Gómez (1908–1935)


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Juan Vicente Gómez governò il Venezuela per quasi trent’anni nella prima metà del XX secolo, alternandosi tra la presidenza ufficiale e il controllo indiretto attraverso presidenti fantoccio. Il suo fu uno dei regimi più lunghi e repressivi dell’America Latina.

Il suo governo si distinse per l’accentramento totale del potere, i brutali sistemi di repressione politica e la censura imposta a tutti i media. Il terrore era usato come strumento di controllo: centinaia di oppositori venivano incarcerati, torturati o esiliati. Ogni mezzo di comunicazione fu silenziato e trasformato in strumento di propaganda ufficiale.


Durante il governo di Gómez, il Venezuela progredì economicamente, soprattutto grazie alla scoperta, nel 1914, di giacimenti petroliferi nei pressi del lago Maracaibo, nell’ovest del paese. Gómez negoziò la vendita di petrolio con potenze estere, ottenendo vantaggi economici per il paese e riuscendo a eliminare il debito estero. Tuttavia, accresceva contemporaneamente la propria ricchezza e governava nel terrore. Alla sua morte, nel 1935, si aprì lentamente un cammino verso la democrazia, ostacolato però dalla corruzione lasciata in eredità dal regime.



Marcos Pérez Jiménez (1952–1958)


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Marcos Pérez Jiménez salì al potere nel 1952 dopo aver manipolato le elezioni. La sua dittatura fu caratterizzata da una forte enfasi sullo sviluppo economico e delle infrastrutture. La sua filosofia politica, definita da lui stesso “Nuevo Ideal Nacional”, mirava alla modernizzazione del Paese attraverso grandi opere pubbliche, costruzione di autostrade, edilizia residenziale e monumenti.

Tuttavia, a questo apparente progresso si accompagnò una repressione sistematica: studenti, sindacalisti e oppositori politici furono perseguitati, incarcerati e torturati. Il regime impose una rigida censura alla stampa e alimentò un intenso culto della personalità. Nonostante le evidenti trasformazioni infrastrutturali, il periodo fu caratterizzato da estesi fenomeni di corruzione e cattiva gestione delle risorse pubbliche.

Il 23 gennaio 1958, una rivolta civico-militare sostenuta da ampie sezioni della popolazione pose fine alla dittatura, costringendo Pérez Jiménez all’esilio. Questo evento segnò l’inizio di una nuova fase democratica per il Venezuela, che si protrasse, anche se in maniera non costante, per alcune decadi. Marcos Pérez Jiménez morì nel 2001 ad Alcobendas, in Spagna.


“El Pulpo” (1962): una rete autostradale di otto chilometri che collega l’est, il sud e l’ovest della città di Caracas, capitale del paese.
“El Pulpo” (1962): una rete autostradale di otto chilometri che collega l’est, il sud e l’ovest della città di Caracas, capitale del paese.

Le dittature in Venezuela

Le dittature di Gómez e Pérez Jiménez hanno lasciato un’impronta profonda nella storia del Venezuela. Pur avendo promosso alcuni sviluppi economici e infrastrutturali, lo fecero ricorrendo alla repressione, alla censura e alla sistematica violazione dei diritti umani.

Ricordare questi periodi non è solo un dovere storico, ma anche un modo per rafforzare la democrazia e prevenire il ritorno dell’autoritarismo, anche sotto nuove forme. La memoria collettiva è essenziale per valorizzare la libertà, la partecipazione civica e il rispetto dei diritti fondamentali: pilastri di un futuro più giusto e solidale per il Venezuela.



Chi è Nicolás Maduro?

Nicolás Maduro è l’attuale presidente del Venezuela. È salito al potere nel 2013 dopo la morte di Hugo Chávez, di cui fu vicepresidente e successore politico. Il suo governo è stato oggetto di forti critiche e ha dovuto affrontare molteplici crisi: iperinflazione, scarsità di cibo e medicine, emigrazione di massa, repressione politica e gravi accuse di violazioni dei diritti umani. Molti, sia all’interno che all’esterno del paese, lo considerano un leader autoritario.


La modifica della mappa ufficiale del Paese

Nel 2023, Nicolás Maduro ha ordinato la modifica della mappa ufficiale del Venezuela per includere la regione dell’Esequibo, attualmente sotto il controllo della Guyana ma rivendicata dal Venezuela sin dal XIX secolo.

Il cambiamento è avvenuto in seguito a un referendum nazionale, in cui si chiedeva alla popolazione se fosse favorevole all’annessione dell’Esequibo. Sebbene il referendum sia stato contestato dalla comunità internazionale e dall’opposizione interna, il governo lo ha utilizzato per giustificare l’inclusione del territorio nei documenti ufficiali e nei libri scolastici.

Le motivazioni di questa azione sono molteplici. La contesa territoriale risale a oltre un secolo fa, ma si è intensificata negli ultimi anni a causa della scoperta di giacimenti petroliferi nella zona. Il secondo motivo è dunque l’interesse economico e strategico della regione. Infine, in un contesto di grave crisi economica e politica, con oltre 7,7 milioni di persone che hanno scelto di emigrare dal 2013 a oggi, il governo ha sfruttato la disputa territoriale per creare unità nazionale e deviare l’attenzione pubblica.


Maduro mostra la mappa della Repubblica Bolivariana del Venezuela, che comprende la regione dell’Esequibo.
Maduro mostra la mappa della Repubblica Bolivariana del Venezuela, che comprende la regione dell’Esequibo.

Elezioni contestate

Le elezioni presidenziali del 2024 e le legislative del 2025 rappresentano esempi chiari e recenti di come un regime autoritario possa utilizzare strumenti apparentemente democratici per consolidare e legittimare il proprio potere. In apparenza, il Venezuela continua a tenere elezioni, ma nella sostanza, queste sono profondamente manipolate e segnate da gravi violazioni dei diritti civili.

Nel 2024, il governo di Maduro ha convocato elezioni presidenziali da subito contestate per mancanza di trasparenza e per l’esclusione di candidati dell’opposizione. Il Consiglio Nazionale Elettorale, controllato dal governo, ha dichiarato Nicolás Maduro vincitore con il 51% dei voti. Tuttavia, l’opposizione guidata da María Corina Machado e dal candidato Edmundo González Urrutia ha denunciato gravi irregolarità. Secondo i dati raccolti dall’opposizione, González avrebbe ottenuto il 67% dei voti, basandosi sull’80% dei verbali di scrutinio disponibili.

La comunità internazionale ha reagito: gli Stati Uniti, l’Unione Europea e diversi paesi latinoamericani hanno riconosciuto González come legittimo vincitore e hanno ripudiato i risultati ufficiali. In risposta, il regime ha emesso un mandato d’arresto contro González, che ha dovuto lasciare il paese, chiedendo asilo politico in Spagna. María Corina Machado, inizialmente esclusa dalla candidatura, è entrata in clandestinità temendo per la sua sicurezza. È riapparsa pubblicamente solo nel gennaio 2025.

La situazione non è migliorata con le elezioni legislative e amministrative del 2025. Anche in questo caso, il Partito Socialista Unito del Venezuela (PSUV), il partito del presidente Maduro, ha ottenuto l’82,7% dei voti, conquistando 23 dei 24 governatorati (tra cui è stata inserita la Guayana Esequiba). L’affluenza è stata solo del 42,6%, realisticamente a causa dell’invito di María Corina Machado a boicottare le urne come segnale di dissenso verso il regime. Questa scelta, pur controversa, ci offre una visione sull’entità della reale opposizione nel paese.


Questi esempi mostrano chiaramente come le dittature moderne non si presentino più con la soppressione esplicita delle libertà civili, ma con la presa di controllo dei processi democratici e il loro progressivo svuotamento (esempio ne è l’inclusione della Guayana Esequiba fatta con unico fine un diversivo per l’opinione pubblica interna). Il caso del Venezuela ne è un esempio chiaro: un regime che mantiene una facciata democratica per legittimarsi internamente e ottenere un minimo di riconoscimento internazionale, mentre nella pratica esercita un controllo totale su media, istituzioni, magistratura ed esercito. Le elezioni sotto Maduro non sono strumenti di democrazia, ma meccanismi per la sopravvivenza del potere autoritario.


Pietro Pettaccio 5E


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