Sami Modiamo, sopravvissuto all'Olocausto, il 24 gennaio 2022 incontra gli studenti e le studentesse per raccontare la sua storia.
Primo Levi disse: Se comprendere è impossibile, conoscere è necessario, perché ciò che è accaduto può ritornare, le coscienze possono nuovamente essere sedotte ed oscurate: anche le nostre.
Per questa ragione sentiamo parlare della Shoah da sempre. Eppure a volte il tentativo di sensibilizzare i giovani a questo delicatissimo tema sembra ottenere l’effetto opposto.
Ci siamo abituati alla narrazione ufficiale…
Sembra tutto lontano da noi e più passa il tempo più diventa difficile riuscire ad immaginare che le vittime di tanta crudeltà siano state persone come noi, ragazzi come noi. Quando, però, a raccontarci quelle storie è qualcuno che le ha vissute e che ha subito sulla propria pelle quelle atrocità, la situazione cambia. Quest’anno, in occasione della Giornata della Memoria e grazie alla Fondazione Museo della Shoah di Roma, abbiamo avuto la possibilità di ascoltare la testimonianza diretta di Sami Modiano che quell’orrore lo ha affrontato quando era poco più piccolo di noi. Non è stata solo la consapevolezza del fatto che ci stesse raccontando la sua vita a rendere la testimonianza così importante, sono state le parole che ha usato, il suo sguardo, le lacrime e il fatto che, anche se lo vedevamo solo da uno schermo, era chiaro che mentre parlava con noi stava rivivendo quei momenti. Noi guardavamo Sami e lui invece guardava di nuovo i volti distrutti della sua famiglia, rivedeva la disperazione del padre e i gesti di affetto che la sorella gli rivolgeva attraverso una rete. Si è concentrato non tanto sulla ricostruzione degli eventi storici quanto sui ricordi che ci hanno permesso di vedere quegli avvenimenti come il trauma di una persona reale. Perché quando senti un uomo raccontare che a tredici anni era grato che sua madre fosse già morta, ti si smuove qualcosa dentro, qualcosa di scomodo ma fondamentale perché tutto questo non riaccada mai più. Sami, come molti altri sopravvissuti, ci dice che non è mai riuscito ad uscire davvero da quei campi. È un’affermazione che rimette tutto in prospettiva perché quegli eventi, che sembrano lontanissimi da noi, sono ancora vivi nella loro memoria.
Elena Piangatelli 5B
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