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La mia esperienza di scambio culturale all'estero

“Once a bear, always a bear.” [Orso una volta, orso per sempre.]

Questa è la frase con cui ho detto addio alla mia scuola statunitense. Bizzarro essere paragonati ad un orso, direte. Per quanto, in un certo verso, abbia anche io pensato che questa designazione fosse piuttosto insolita – almeno in un primo momento -, ne ho compreso il significato solo successivamente, quando questa denominazione mi ha aperto un mondo di opportunità ed esperienze.



Per scoprire perché, torniamo agli albori della storia che vi sto per raccontare.


In una calda mattinata di agosto del 2021 presi un volo per Dallas. Dopo 11 ore, arrivai e presi la coincidenza per Spokane. Sapevo che una realtà diversa dalla nostra mi avrebbe aspettato a braccia aperte, ma mai avrei previsto una realtà così diversa. Una quantità sproporzionata di Coca-Cola nelle bibite dei fast-food, l’impossibilità di andare a piedi al supermercato perché troppo lontano, e forse una piccola dose di egocentrismo in eccesso – non ho mai visto automobili così grandi– furono i primi shock che accompagnarono il mio viaggio oltreoceano.


Il primo giorno nella mia scuola statunitense fui accolto da una grande colazione organizzata per i nuovi studenti. Salsicce, bacon e uova: tipica colazione continentale, e probabilmente un po’ diversa da quella italiana. Salii nel mio primo periodo, e fui sorpreso nel trovare un gruppo di studenti di scambio già in classe.


Erano gli studenti con cui sarei stato a contatto per l’intero anno scolastico. Una sola cosa ci accomunava: la voglia di scoprire il mondo. Le nostre similarità guidavano la nostra unicità, e questo ci spingeva a fare ciò che stavamo facendo.


Un’esperienza all’estero, per me, è essenzialmente questo: il bisogno di conoscere ciò che ci è sconosciuto. Il bisogno di fare esperienza del diverso, di altre comunità e tradizioni. Quando, per esempio, entrai all’interno della squadra di atletica della scuola, scoprii un mondo di esperienze che mai avevo vissuto in precedenza. Spirito di squadra che non avevo mai visto prima, canzoni per la vittoria della scuola e felpe create appositamente per ogni evento organizzato, furono solo alcune delle iniziative che ebbi l’opportunità di sperimentare per la prima volta.


Durante la mia prima partita di football americano, vidi per la prima volta uno dei ragazzi della mia classe di matematica in un costume molto peculiare, vicino alle cheerleaders. Tra le urla di supporto della folla e i loro cori in sintonia, il mio amico mi disse: "Ora sei un bear [orso]". Riflettei su quella frase per dieci minuti, quando appresi di essere stato paragonato alla mascotte scolastica.

Ecco perché il ragazzo indossava quel costume. Il ragazzo era vestito da orso.


Oltre a questa improvvisa realizzazione, ne ebbi anche un’altra: ero effettivamente un bear [orso]. E non perché, per qualche motivo, qualcuno pensava che gli somigliassi. Ma perché avevo finalmente abbracciato quei valori che univano la comunità in cui ero entrato. E avevo anche capito perché tutti li esaltavano: nella loro unità, erano unici.


Lennard Pische 5Q

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